domenica 28 dicembre 2014

PALLE DI NATALE


Politicamente corretto...!?

Mi spiace riuscire a scrivere solo un post questo mese, ma come molti genitori come me sapranno, i giorni da metà dicembre in poi sono un turbine di eventi che sembra non abbiano mai fine. Soprattutto si arriva col fiatone alla vigilia per preparare tutto quanto sia necessario a rendere felici i propri figli: nella fattispecie questo vuol dire sostituirsi al più blasonato Babbo Natale e frustare il più possibile le renne della propria automobile per riuscire a raccimolare tutto quanto è stato richiesto nella famosa letterina per il ciccione barbuto vestito di rosso.

Oltre ai propri figli ci si deve anche occupare di varie cene di Natale, di chiudere le varie attività annuali al lavoro ed a volte di malanni di stagione che ti stroncano a letto senza possibilità di appello. 

Sommando il tutto il tempo vola ed anche quest'anno mi sono ritrovato col Natale alle spalle senza neanche accorgermene.

Facendo un piccolo passo indietro, più precisamente al momento in cui mi è venuta l'ispirazione per questo pezzo, la prima domanda che mi sono posto è stata se "essere politicamente corretto" oppure "non essere politicamente corretto". La domanda è semplice: come mi pongo per questo articolo? Seguo il buonismo imperante che sembra insinuarsi nella mente anche del più efferato assassino nei pressi del Natale oppure continuo ad usare il solito cinismo che mi contraddistingue?

A dire la verità ci ho pensato, so benissimo di non essere un giornalista famoso che deve rendere conto ad un pubblico o ad un editore, ma comunque ci ho pensato. Ed alla fine la risposta è stata semplice.

Il dubbio mi si è presentato alla Vigilia di Natale. Ore 18.00: messa di Natale fatta per i bambini dell'asilo. Quando mia moglie mi dice che dobbiamo andare a qualche messa fatta per i bimbi dell'asilo comincio a sbuffare (in genere sbuffo per tante cose lo so). Come potete immaginare non sono un praticante, non sono neanche un credente, non sono ateo; diciamo che nei riguardi della religione non sono nulla per ora. Certo, ho fatto tutta la trafila solita del buon cristiano: battesimo, comunione, cresima e, udite udite, anche la professione di fede. Anche se ufficialmente ho tutti i canoni non ho alcun rapporto con la religione. Un giorno chissà ... magari diventerò buddhista o animista ... non adesso però. 

Torniamo alla messa incriminata. Quando entro in chiesa mi pongo due domande: a) che diavolo ci faccio lì b) che diavolo ci faccio lì con tutti quegli ipocriti. Si mi spiace dirlo (o forse no), ma almeno il 50% delle persone che sono lì dentro sono fatte di pura ipocrisia. Ed a Natale l'ipocrisia aumenta come se andare a messa in questo periodo ci potesse purificare da tutte le schifezze che abbiamo fatto durante l'anno.

Sia chiaro, però, io ho il massimo rispetto per preti e suore (forse più per le suore). Per il semplice motivo che loro hanno trovato un senso per la loro vita ed hanno avuto il coraggio di seguire la loro missione. Ho il massimo rispetto per chi ci crede, sicuramente sono più ricchi di me e lo dico veramente. Non sto attaccando la Chiesa o il metodo educativo che adottano nell'asilo in cui va mia figlia, ciò che non sopporto è il falso buonismo, i falsi sorrisi, le parole dette nell'orecchio e tante altre cose che ho visto a messa. 

Cerco di educare le mie figlie al rispetto del prossimo sia come persona che come pensiero. Cerco di educare le mie figlie alla libertà di espressione e di visione del mondo. Nel rispetto delle regole e della vita. Quindi mi chiedo perché dovrei educarle forzando in loro la scelta di una religione quando io non sopporto ciò che vedo?  

La risposta è più semplice di quanto si possa immaginare: per non lasciarla da sola. Sarebbe semplicemente un'esclusa, un'emarginata. Questo impone la società in cui vivo e questo seguo per il suo bene. Da grande sceglierà.

Anche se credo che scegliere per lei adesso su certe cose non sia giusto.

Comunque anch'io faccio i filmini col cellulare a mia figlia che canta sull'altare ... che credete!?!?

Finita la messa comincia il tour de force, ma questa è un'altra storia.

Saluti.

Simone Gavana

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venerdì 21 novembre 2014

ARCOBALENO


In inglese rainbow...

Ci troviamo indietro di almeno più di una decina di anni. Un venerdì sera come tanti, se non sbaglio siamo a novembre, freddo, nebbia. Ore ... 22.30 circa. Quattro ragazzotti di circa vent'anni di belle speranze, che sprizzano ormoni da tutti i pori, stanno discutendo e chiacchierando in piedi un po' isolati dal resto della scena. La location forse è un po', come dire, retrò rispetto a quello che vedo in giro ultimamente. Si trovano a pochi passi dal bar dell'oratorio; luogo dove spesso si ritrovano da quando sono piccoli. Anche quella sera, prima di "andare in serata", sono lì dove sanno che troveranno "gli altri". Intorno a loro altri ragazzi più o meno grandi stanno bevendo una birra e chiacchierando o sono dentro il bar per riscaldarsi un poco. Ma ritorniamo a quei quattro.

Parlano del più e del meno: le ragazze, la partita della domenica, la scuola. In realtà ciò che li preme più di tutto è cosa fare da lì a poco. Quella sera non va bene niente: quel locale non mi piace, a ballare non ho voglia, dall'altra parte andiamo sempre. Niente da fare, non si riesce a trovare nessun accordo sulla serata.

Dall'ingresso dell'oratorio si intravede la sagoma di un ragazzo in arrivo. Lui è più grande dei quattro nostri protagonisti. E' un ragazzo che i quattro conoscono bene, ha qualche anno in più di loro. Non esce in compagnia con loro, ma ogni tanto ci si ferma a parlare, o a tirare quattro calci al pallone assieme il sabato pomeriggio. Comunque arriva all'altezza dei quattro e si ferma a chiacchierare. La sua proposta fa svoltare la serata: tutti d'accordo. Davvero? Ma si andiamo con lui sembra buona l'idea. E' vicino, c'è parcheggio, non rompono le scatole per l'abbigliamento, c'è buona musica. Si saluta e si parte, gli altri non vengono. Va bene lo stesso, noi ci andiamo.

Ore ... 23.30 circa.

I quattro ragazzotti parcheggiano. Ridono, scherzano. Aspettano il ragazzo più grande che arriva dietro di loro. Si guardano in giro, da lontano la sirena di un'ambulanza, lungo il marciapiede qualche persona che cammina guardinga. Dietro il parcheggio di un supermercato. Una breve pausa per scrutare l'ingresso del locale. Un passo e dentro. Sulla sinistra un bancone dove vendono il biglietto d'ingresso, davanti a loro i bagni, a sinistra una scala che sembra scendere in un sotterraneo. Al suo termine li attende un posto buio, poca gente, un paio di baristi che sistemano il bancone sulla loro sinistra. La pista da ballo, un palco sulla loro destra. Sui lati della pista tavoli, sedie ed i corridoi che vi ci portano. I muri sembrano sudare, ma che strana sensazione. Trovano un tavolino e vi ci siedono. Bevono qualcosa un po' titubanti. Dove sono capitati?

I minuti passano. Entra gente. Il locale si anima. La musica incalza. Qualche birra li rende più sicuri. Quel posto sembra che sia stato disegnato solo per loro fin da quando sono nati. 

Quel locale li trasformerà e non li lascerà più nell'anima ... e nel fegato. Da quel venerdì e per molti altri sarà solo Rainbow Disco Club Alternative Music. In quelle quattro mura ho conosciuto persone che non ho la minima idea se siano ancora vive ... vedi tal Papalo ... ho conosciuto skaters che dormivano in stazione aspettando il treno che li avrebbe portati a casa la mattina dopo ... ho conosciuto gente che mi ha fatto divertire ... vedi Miky del Rainbow ed il suo maledetto occhiolino.

Lì ho vissuto.

E ciò che è di fondamentale importanza, nonostante tutto, sono sempre tornato a casa ed adesso posso raccontarlo con un sorriso sulle labbra ed un sospiro di sollievo.

E le mie figlie? Cosa faranno? Faranno le stupide? Come posso arrabbiarmi con loro per ritardi, sigarette, sigarette farcite, sbornie, ecc ecc quando io stesso ... vabbè avete capito. E' giusto fare la parte del genitore severo quando basterebbe aprire il vaso di Pandora ed uscirebbero degli aneddoti che entrambe potrebbe usare benissimo contro di me per tutta la loro vita? Capelli viola, piercing. Mi fermo qui.

Si è giusto. E' giusto dare delle regole, è giusto fare capire a cosa si va incontro ed arrabbiarsi se sgarrano alle regole che gli si impone. E' giusto anche se nell'età della "stupidera" non mi interessava di niente e nessuno e l'unica cosa che mi interessava era divertirmi con gli amici. E' giusto che tra genitori e figli, anche instaurando il rapporto più fraterno possibile, i ruoli siano bene distinti: tu sei il figlio ed io il genitore. 

Ho detto a mia moglie che non farò la fine di quei padri che accompagnano le figlie sedicenni in discoteca e poi le rivanno a prendere alle quattro del mattino come dei bravi autisti. Ho detto a mia moglie che dovranno fare come abbiamo fatto noi: quando avranno la patente potranno andare. Con modi ed orari stabiliti da noi genitori.

Quante belle cose che le ho detto ... speriamo bene.

Saluti.

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sabato 8 novembre 2014

LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL


Uno spiraglio nella follia ...

Era il 24 febbraio quando decisi di aprire il mio blog, era da un po' di tempo che l'idea mi frullava per la testa: cosa scrivere, come fare, avrà un seguito, come iniziare. Come per la maggior parte delle cose il detto "chi ben comincia è a metà dell'opera" ha sempre un senso. Ho cominciato con un post, credo, un po' forte. Le persone che hanno avuto il buon cuore di leggere il mio primo scritto hanno potuto comprendere che in me era presente un forte scoramento. Molta paura, tanta stanchezza e poca lucidità su quello che ci stava succedendo. 

Credo che avessi la forte necessità di urlare il più forte possibile. Di urlare fino allo stremo delle forze. Non avevo voce, però. Era strozzata in gola, bloccata dalla paura e dal terrore. Ero lacerato dalle lacrime e dai lamenti di mia figlia. 

Era necessario liberarmi. 

Ho voluto far subito sapere al mondo quale cruccio fosse per me e mia moglie quello che il destino ci stava riservando, ma soprattutto stava riservando a nostra figlia. Quello che stava accadendo alla mia famiglia di brutto. Oltre al presente, per me era terribile anche l'idea del futuro: che vita si sarebbe prospettata a mia figlia? E noi saremmo tornati ad avere un'esistenza più tranquilla? Davanti a me si prospettavano mesi e mesi di entrate ed uscite da ospedali, farmacie, laboratori di analisi, notti insonni, pianti.

Una crema, poi l'altra, poi quella che non va bene, poi quella che va bene. Un dottore dice una cosa, un altro l'opposto. Questo le fa male, questo bene, questo è veleno, quell'altro forse può mangiarlo ma prima dobbiamo vedere cosa le succede. E poi il cortisone, questo piccolo composto che è tanto miracoloso quanto è uno spauracchio. Non è troppo per due genitori che vogliono solo veder crescere le proprie figlie? Io e mia moglie non siamo due eroi.

Il tempo passa, esattamente nove mesi. Ne passa di acqua sotto il ponte in questo lasso di tempo. Senza accorgercene siamo diventati più sicuri, più consci di quello che ci stava accadendo. Più certi sul come comportarci, su come vivere il problema che avevamo, che abbiamo, davanti tutti i giorni. E soprattutto a non trattarlo come un problema perché altrimenti non ci avrebbe più lasciato. 

Il problema non ci ha lasciato, ma noi siamo ora più forti del problema. E come lo siamo diventati più forti? E' molto semplice: abbiamo trovato delle persone che ci hanno dato speranza, ci hanno incoraggiato, ci hanno seguito e ci hanno istruito su cosa aveva nostra figlia. E soprattutto su cosa potevamo fare per nostra figlia. Non abbiamo chiesto niente e loro invece ci hanno dato molto. 

Mi sono accorto che dalla prima volta che sono entrato in quell'ospedale sono cambiato radicalmente. La prima volta avevo quasi paura di guardarmi in giro, di avere davanti altri mamme e papà con lo stesso problema. In loro c'era tutto: il mio passato, il nostro presente ed il suo futuro. E senza accorgermene tutto è cambiato: ad uno degli ultimi controlli in ospedale sono andato senza mia moglie e mi sono reso conto di aver rincuorato e rassicurato una coppia di genitori che avevano un bimbo con il nostro stesso problema. Le persone spesso cambiano.

E poi tutto cambia ancora. Una dottoressa ti dice: "Credo e spero che non ci vedremo più, vi lascio l'impegnativa solo a necessità, se dovesse succedere qualcosa". 

Ora tocca solo a noi, ma ora abbiamo studiato da eroi. 

Saluti.

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martedì 21 ottobre 2014

TI PRENDO E TI PORTO VIA


A volte ...

"Te la butto lì: ci prendiamo una serata tutta per noi venerdì. Lasciamo una bimba dai miei e l'altra da tua mamma".

"Ok sento mia mamma".

In genere succede così. Ogni tanto, per staccare dalle fatiche di genitori, dalla solita routine, dal poco sonno. Un messaggio a mia moglie all'inizio di settimana con un'idea che mi ballava per la mente da un paio di giorni. Da tutto il week-end, due giorni in cui bisogna tirare fuori tutti i colpi del vero padre e della vera madre. Dall'altra parte della chat una risposta secca che denota accondiscendenza. Il mio messaggio è come una mano tesa ad aiutare il compagno che sta per cadere nel burrone come accade in ogni miglior film d'azione. Ed il compagno, stremato e già virtualmente finito, tira un sospiro di sollievo e viene salvato. 

Fondamentalmente credo che siano un paio i motivi per cui si ha bisogno di staccare dai propri figli ogni tanto. Non è cattiveria sia chiaro o poco amore nei loro confronti. Inoltre credo sia fisiologico ed anche utile alla crescita dei figli. Senza divagare troppo dicevo che sono un paio i motivi per cui, ad un certo punto, diventa necessario staccare.

Il primo è proprio fisiologico. Si è stanchi fisicamente e mentalmente. Due figlie come le nostre che, prima una e poi a seguito l'altra quando la prima ha preso a dormire, la notte si svegliano 3/4 volte sono faticose da gestire. Una serata ed una notte tranquilli senza il pensiero di doversi alzare ogni ora dal letto non è poco. Certo il giorno dopo si ricomincia, ma le vacanze sono sacro sante anche se per pochi giorni. 

Il secondo è diverso e credo serva forse di più che una notte interna tranquilli. E' il ritrovarsi come coppia e come amanti. E' l'uscire con tua moglie senza dover pensare a rincorrere le tue figlie, ma con il solo intento di dedicare alla tua compagna poche ore. Qualche chiacchiera, qualche carezza. Si può parlare anche delle figlie, certo. Il gusto, però, è differente. Ritornare a tenersi per mano.

Il giorno dopo arriva in fretta e la serata da piccioncini vola, ma quando le vai a riprendere dai nonni e ti corrono incontro abbracciandoti e baciandoti vai su un altro pianeta. E il gioco riprende, ma con le pile ricaricate. 

In attesa di un'altra mano tesa. 

Saluti.

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domenica 28 settembre 2014

CARTONI ANIMATI


Cartoni animati e televisione in generale...

Un paio di anni fa ho scritto una cosa del genere su Facebook: "Bisognerebbe dare il premio nobel a chi ha inventato i cartoni animati" ... o qualcosa tipo "Santi subito i cartoni animati". La sostanza è quella, comunque, a prescindere dalle parole. Mi ricordo che era un sabato mattina come tanti altri. All'epoca c'era solo la prima figlia, forse eravamo ancora in cerca della seconda bimba o forse nella nostra mente era ancora molto lontana. Credo che la notte non fosse stata una delle migliori, la passeggiata al mercato fosse stata condita da qualche capriccio e noi ci fossimo lanciati qua e là in qualche sclerata per sedare la luna storta di nostra figlia.

Quelle giornate in cui se ti fermi per salutare qualcuno lei comincia a farti domande e se le dici di aspettare un attimo che finisci di parlare sono urla. Quelle giornate in cui se hai la bottiglietta d'acqua naturale vuole quella frizzante. Se hai l'acqua frizzante vuole quella naturale. Se prendi la brioche alla marmellata vuole assaggiare quella al cioccolato. Insomma, quelle mattine che non va mai bene niente e poi niente e poi ancora niente. E soprattutto ti chiedi "ma chi me lo ha fatto fare?" e cerchi in tutti i modi di sedare quella follia omicida che ti assale già alla prima lagna perché sai che sarà solo la prima di una lunga serie.

A prescindere da quanto sopra, riusciamo a salire le scale a fatica. Apriamo la porta di casa. Mettiamo le borse della spesa in cucina. Togliamo il giubbotto alla piccola. 

Click. Canale 601.

Sigla delle Winx. Silenzio.

Riposo per qualche minuto.

Forse la Tata Lucia non approverebbe questo utilizzo sedativo dei cartoni animati, ma provate ad entrare nella parte del genitore. Non merita un po' di pace ogni tanto anche lui? E ve lo dice un padre che è parecchio rigido sulla tv. Cerchiamo sia io che mia moglie di limitare il tempo che la grande passa davanti allo schermo. Se vuole guardare i cartoni prima di cena difficilmente glieli facciamo guardare dopo e viceversa. Se quando arrivo a casa dopo il lavoro ed ha scelto di vederli dopo cena mi metto a giocare sia con lei che con la piccola. Se li sta guardando cerchiamo di stare assieme alle bimbe il più possibile prima di metterle a letto. Magari sistemiamo la cucina, panni, ecc. quando stanno già dormendo.

E' un gioco di equilibrio. Come gran parte dell'educazione dei figli.

La cosa che forse mi da più fastidio, non ho ancora capito come sia possibile essere arrivati a questo punto, è che appena entrati in casa la prima cosa che chiede è se può guardare i cartoni. Se è il momento che glieli facciamo guardare nessun problema ovviamente. Nel caso la nostra sia una risposta negativa ... boh dipende dalla luna, come credo tutti i bambini. Può andare bene e si mette a giocare. Può andare male e parte il capriccio, ovviamente aspettiamo che la cosa sciami da sola senza dargli molto peso.

Pensando alla mia infanzia ed ai cartoni animati ho in mente un ricordo molto vivido. Penso che fosse estate, perché giocavo al parco sotto casa mia ed il sole splendeva. Alle 16 in punto cominciava il mio cartone animato preferito del momento: "Tutti in campo con Lotti". Fosse cascato il mondo per quell'ora dovevo essere davanti allo schermo per guardare la puntata. Mia nonna Gina, che bastava che aprissi bocca e faceva i salti mortali, si alzava dalla panchina dove stava spettegolando con le altre nonne e mi portava a casa per soddisfare la mia astinenza da televisione.

I cartoni animati o la televisione in generale sono una droga per i bambini. Allo stesso tempo sono un'ancora di salvataggio per dei genitori scombinati come siamo io e mia moglie.

Che fare? Equilibrio direi. Facile a dirsi ed ovviamente difficile a farsi. E soprattutto io non sono Dio Onnipotente, quindi, ogni mia interpretazione è chiaramente opinabile e fallibile.

Non vieto la televisione alle mie figlie, ma cerco di limitarla. Credo che vietarla sarebbe controproducente, anche se a volte mi verrebbe voglia di eliminare l'unica tv che abbiamo in casa. Quello che spero, però, è che il tempo che dedico alle mie figlie non facendogli vedere la tv sia buono e che le renda felici.

P.S.: Se eliminassi davvero la tv, sarebbe mia moglie a spennarmi non mia figlia.

Saluti.

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mercoledì 3 settembre 2014

VACANZE IN FAMIGLIA


Tornati ...

Nell'immaginario di mamma e papà, nei loro sogni più profondi, nella loro vita da perenni ingenui il giorno della partenza era stato programmato nei più minuziosi dettagli. Svegliarsi alle 6.30, ovviamente sveglia del papà mentre la mamma può dormire ancora qualche minuto, sistemare le ultime cose in macchina, chiudere casa, portare in braccio le bambine giù per le scale senza svegliarle, metterle in macchina, partenza verso le 7 con sole meraviglioso all'orizzonte, autostrada libera per sfrecciare fino a destinazione, risveglio poetico delle figlie solo a villeggiatura raggiunta. Un piano d'azione perfetto, degno delle migliori truppe d'assalto in forza ai marines, pianificato nei giorni precedenti alla partenza a tavolino vagliando ogni più svariata opzione, ogni elemento a favore ed ogni elemento a sfavore.

Ripeto ... ingenui. Eppure ne abbiamo due di figlie e piuttosto irrequiete. Di esperienza ne abbiamo fatta e la testa l'abbiamo sbattuta parecchie volte. Non c'è niente da fare continuiamo a ripetere gli stessi errori ed a credere che le nostre figlie sono due automi che, una volta programmati, effettueranno ogni ordine da noi programmato.

E secondo voi come sarà andata?

Avete presente cos'è la "Famiglia Cupiello"? In realtà cos'è "Natale in casa Cupiello"? In breve è una commedia di Eduardo De Filippo, forse l'interpretazione più conosciuta dell'attore napoletano, che parla delle vicende tragicomiche di una famiglia napoletana durante le festività natalizie. Al padre succede di tutto, situazioni comiche e surreali che si incatenano fino ad un epilogo tragico, la morte del padre. Ecco, forse ci siete arrivati. 

Sveglia ore 6.00: un urlo straziante, che squarcia la mattina presto, sveglia mamma e papà. La piccola chiede a grande voce la prima colazione. Si si la prima colazione. Perché può sembrare facile riempire un barattolo di 80 cm, ma in realtà sembra che non abbia fondo. Ovviamente a metà mattina altra colazione. Alzati velocemente per preparare il biberon di latte prima che si svegli l'altra figlia: troppo tardi. La grande si sveglia e si lamenta perché la sorellina non la fa dormire. Porta quella grande nel lettone per allontanarla dalle urla della sorella. Con il biberon alla piccola le acque si tranquillizzano.

Vabbé siamo svegli, cominciamo a sistemare le ultime cose e poi partiamo. Le bimbe ovviamente ormai sveglie sono eccitatissime per la partenza. 

Scendo le scale per mettere via le ultime cose in macchina, apro la porta, esco ed un bel sole mi bacia il viso. No, ovvio che no. Pioggia, freddo e vento. Ma è agosto o novembre? 

Sistemato tutto, dopo essere riusciti anche a chiudere casa ed a mettere le bimbe in macchina si può partire. Beh, prima di mettere in moto la macchina sono salito e sceso dalle scale per varie dimenticanze almeno un paio di volte. Dai bisogna essere fiduciosi, le previsioni del tempo sono incoraggianti. Accendo la macchina, si parte. No, il cancello non si apre. Premo il tasto del telecomando una, due, tre volte. Il lampeggiante di avvertimento del cancello automatico si illumina, ma il portone non si apre. Non è possibile!!! Qui ci vuole la forza bruta: scendi sotto la pioggia, apri a mano il cancello e poi fuori dal cortile. 

Neanche cento metri e già dai sedili posteriori si sente il primo "Siamo arrivati papà?". No, dormi Viola! Ah giusto dovevano dormire per tutto il viaggio. Lasciamo perdere, hanno dormito un po' ed hanno stressato un altro po'.

L'autostrada? Cosa ve lo racconto a fare?

Ecco, arrivati a destinazione mi sono sentito il Sig. Cupiello, protagonista di "Natale in casa Cupiello", personaggio a cui succede di tutto. Per fortuna la settimana è andata metereologicamente bene, avete mai provato ad andare in vacanza e trovare tutti i giorni pioggia? Non ve lo auguro per niente, è come tenere dei leoni in gabbia in casa con la gabbia aperta. Situazione ingestibile.

La cosa buona è che il finale non è stato quello della commedia napoletana. 

Saluti.

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lunedì 11 agosto 2014

ORIGINI


Da qualche parte provengo anch'io ...

I miei genitori sono persone profondamente diverse. Sono persone che interpretano la vita, le relazioni interpersonali e la quotidianità in modi diametralmente opposti. Come diametralmente opposta è la loro origine. Sono figli di un periodo storico, gli anni a cavallo tra il 1960 ed 1970, che ha creato un solco indelebile nella società italiana dell'epoca e non solo. Crescono in un mondo in cui, a differenza di quello odierno in cui molte diversità si sono livellate, le differenze sociali sono fortemente marcate e la provenienza socio-culturale si fa sentire in maniera importante. 

Mio padre è il primo di cinque fratelli, ha origini da una famiglia proletaria ed operaia. Vive in un contesto non facile. E' una persona difficile direi: una di quelle persone che esprimono poco i propri sentimenti e che per cavargli quattro parole in più bisogna lavorarci ai fianchi per anni. Qualità, chiamiamola così, che mi è stata passata geneticamente. Descrivere il mio rapporto con lui non è semplice e non ho parole più concrete da dare. Pensandoci anni dopo mi sono dato questa definizione. Ci ho sempre visto come due rette parallele; che non si incontrano mai. In realtà la definizione geometrica è che si "incontrano all'infinito". Due entità che proseguono la vita sempre accostati, sempre vicini, ma che non si incrociano mai. Ho sempre creduto che mi capisse senza parole e ho sempre pensato di capirlo senza parole. Un giorno credo che arriverà anche "quell'infinito". 

Mia madre è secondogenita nata diciassette anni dopo la sorella maggiore, ha origini da una famiglia di agricoltori che per svariati motivi si è trasferita in paese. La sua vita è nettamente più agiata. E' una donna schietta e con pochi peli sulla lingua. A volte rude e spigolosa, credo che non vada a genio sempre al primo colpo, ma ha la grande qualità di risultare vera. Questa è una qualità che ho sempre apprezzato e con cui mi sono spesso scontrato. Il mio rapporto con lei? Amore ed odio. Come con mio padre, mia madre ha sempre cercato di tirarmi fuori sia il meglio che il peggio. Abbiamo due caratteri diversi e contrastanti. 

Si conoscono poco prima della maggiore età e si sposano presto. Mio padre aveva ventitre anni e mia madre ventidue. Un'età, che nel nostro periodo storico, è quasi impossibile vedere in qualche pubblicazione prematrimoniale. Arrivano al matrimonio alla fine degli anni '70, per la precisione a fine luglio del '79. Si affacciano alla vita coniugale alle porte di un decennio, gli anni '80, che hanno portato ricchezza e benestare al nostro paese. Hanno un lavoro stabile e sicuro, una casa, sono giovani e vivono in una società che è fortemente in crescita e soprattutto in un mondo che non rincorre se stesso in maniera folle come il nostro.

Pochi mesi dopo nasco io. Il più piccolo della famiglia, già perché nessuno zio, zia, cugino o cugina ha ancora avuto figli e mai ne avrà, per ora. Rimango tale fino alla nascita della mia prima figlia. Non ho fratelli ne sorelle. 

Ad un certo punto della mia vita ho chiesto ai miei genitori un fratello o una sorella, ma non sono mai stato accontentato. La cosa è passata senza che me ne accorgessi. Anni dopo, alla domanda "perché sono rimasto l'unico", la risposta che mi è stata data non è stata di facile comprensione. Ho cominciato a capire quando sono diventato padre.

Sono stati e sono tutt'ora dei genitori fantastici, ma fortemente apprensivi. Allo stesso tempo sono dei nonni meravigliosi e viziano in maniera scandalosa le mie figlie.

Quello che più mi rimarrà di loro è il rispetto che hanno delle persone e che spero di aver imparato e di saper trasmettere alle mie figlie. Ho sempre pensato che sia fondamentale nell'educazione di una persona.

Quello che forse ho più sofferto, per così dire, è stata la loro protezione da tutto ciò che avrebbe potuto farmi male.

Saluti.

Simone Gavana

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giovedì 17 luglio 2014

GENITORI PARTE 3


Stasera avrò un interlocutore per proseguire la mia analisi...

Coscienza: "Sono giorni che aspetto ... è ora di rispondere".

Io: "Sono giorni che passo oltre ... ma stasera ti risponderò".

Coscienza: "Sarà difficile".

Io: "Lo so".

Coscienza: "Chi sei?".

Io: "Un uomo".

Coscienza: "Puoi fare di meglio ... chi sei?".

Io: "Un uomo ... un ragazzo ... un padre ... un marito".

Coscienza: "Facili i prime tre ... Dimmi cosa vuol dire essere marito?".

Io: "Credo che definirlo mi potrebbe far scadere nella retorica o nei soliti luoghi comuni. Forse, però, se sono comuni vuol dire che sono condivisibili con altri e non sono tanto marginali o da tralasciare. Potrei partire da lì non credi?".

Coscienza: "Non giraci attorno ... cosa vuol dire essere marito?".

Io: "Ho il vuoto in testa, sono stanco. Mi sforzerò. Riassumendo le mille sfaccettature, credo che la parola più adatta sia condividere".

Coscienza: "Continua...".

Io: "Un uomo ed una donna (non me ne voglia chi pensa la coppia in maniera anche diversa) condividono un'esperienza. Condividono delle scelte. Condividono una famiglia. Condividono una casa. Condividono delle gioie. Condividono dei dolori".

Coscienza: "Parlami delle gioie".

Io: "Rischio sempre di scadere nel retorico. Potrei parlarti del giorno del matrimonio, di quello del parto, delle bimbe. Meravigliose, ma ovvie non credi? Ti parlo di oggi, di ieri, di questo mese, di questo anno. Sono stanco, deluso, in ricerca di qualcosa che cambi. Esci di casa e la giornata potrebbe diventare nera di colpo. Torni a casa. Sali le scale. Senti qualche urla uscire dalla porta. Sorridi. Apri la porta. Ciao papà. Un bacio. Una che ti corre incontro gattonando. Un altro bacio. Non ricordo più il nero che ho lasciato fuori dalla porta".

Coscienza: "Non capisco".

Io: "Sapere che ci sono è la gioia da condividere".

Coscienza: "Parlami del dolore".

Io: "Ne ho già parlato tempo addietro. Mi sembrava più che chiaro. Ti ripeto sono stanco. Non me la sento di stare male ancora. Passiamo oltre".

Coscienza: "Parlami delle scelte".

Io: "Ce ne sono state talmente tante che ad elencarle ci vorrebbe un mese. La scelta più drastica sono stati di sicuro i figli. Hanno cambiato la vita di coppia, non posso negarlo. E' comunque una frase che potresti sentire da qualsiasi altro genitore. Ci hanno tolto tempo per noi come singoli e per noi come coppia. Lo sapevamo, lo abbiamo fatto".

Coscienza: "Perché lo avete fatto?".

Io: "Inizialmente l'incoscienza ha prevalso. Nel secondo caso ci mancava qualcosa. Mi ricordo che quando mia moglie mi ha detto che era incinta ci siamo seduti sul divano e per un tratto è come se la vita ci fosse crollata davanti. Ci siamo resi conto che nulla sarebbe stato più come prima. Ripeto nel primo caso ci ha mosso un po' di incoscienza e lo abbiamo fatto".

Coscienza: "Parlami degli errori".

Io: "Che abbiamo fatto come coppia o io come marito?".

Coscienza: "Tu come marito".

Io: "Non accorgermi di tante cose ... ed essermi dimenticato un compleanno ... ehehe. A parte gli scherzi credo che tra gli errori più grandi che un marito possa fare è non rendersi conto di chi si ha davanti in un determinato momento. Delle esigenze e dei cambiamenti. Mi sono reso conto che le persone cambiano nel corso del tempo, lo stesso vale per tua moglie. Ed anche per me sia chiaro. Ogni cambiamento è dovuto a qualcosa, quindi, ad una reazione a qualcosa. Bisogna capire quel qualcosa e non pensare di tralasciarlo perché potrebbe essere un grosso errore. Mia moglie ha le sue esigenze come donna ed il mio compito è capirle e non pensare che debbano essere messe in secondo piano. Sia chiaro, lo stesso lo pretendo da lei".

Coscienza: "Siete innamorati?".

Io: "Si".

Coscienza: "Come fai a dirlo così?".

Io: "Lo so".

Coscienza: "Ci sono stati periodi di buio?".

Io: "Se per buio intendi brutto o difficili ovviamente si. Adesso sono passati".

Coscienza: "Qual è stata la cosa più difficile?".

Io: "Rimanere uniti. Adesso sparisci sono stanco".

Saluti.

Simone Gavana

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martedì 1 luglio 2014

GENITORI PARTE 2


Proseguiamo sulla mia analisi ...

Ho aspettato un po' prima di pubblicare un altro articolo perché ero indeciso su alcuni argomenti da trattare. Avevo in mente di scrivere su come mi rapporto con le figlie, poi del rapporto tra marito e moglie, poi di altre cose che non ho ben definito in queste due settimane. Alla fine lo spunto mi è venuto da questi tre giorni passati in montagna con le mie donne. Parliamo di vacanze.

Come vi rapportate con le vacanze? Le vivete serenamente o come un'incognita? Avete paura di avere i vostri figli attaccati 24 ore su 24? Siete felici in vacanza coi vostri figli e mogli? Magari a qualcuno che non è genitore potrebbero sembrare le domande di uno squilibrato. Magari qualche genitore non se le pone neanche queste domande. Magari qualcuno se le pone e si da anche delle risposte o perlomeno ci prova. Secondo me non sono tanto scontate e sono degne di una piccola riflessione in questa pagina. 

Vi racconto come le vivo io.

Lasciando stare le classiche vacanze di agosto, quando decido di andare via per qualche giorno a giugno è perché ho bisogno di staccare dal mondo che mi circonda. Sto raggiungendo il limite umanamente sopportabile e mi devo rilassare in qualche posto lontano. La prima cosa da fare è cercare: dove poter andare? La seconda domanda da porsi è: dove poter andare per far divertire e non far annoiare le bambine. 

Come vedete sono partito dal "mi devo rilassare" e sono già arrivato al "devo cercare qualcosa per le bambine". Il "mi devo rilassare" è già passato in secondo piano. Una volta genitori lo si è in ogni cosa. Scelto il posto, condiviso con la consorte, prima di partire ovviamente devono passare i giorni che mi separano dalla partenza. Li vivo in grande attesa. Quest'anno mi sono reso conto che non vedevo l'ora di andare via con le mie donne. Il "mi devo rilassare" è passato dal "cercare qualcosa per le bambine" fino al "non vedo l'ora di passare del tempo con le bambine e mia moglie". In poche parole, pochi pensieri, mi rendo conto come il ruolo di genitore, di padre, è ormai più che mai vivo in me. 

Per un paio di giorni si pensava di non partire più perché, forse, le bimbe vanno al mare con la nonna. Davvero? Allora relax vero a casa: io e mia moglie!!! Invece no. Quando mia moglie mi ha detto questo ci sono rimasto male. Mi stava già mancando qualcosa. Il viaggio con la nonna salta e noi partiamo.

Il giorno della partenza sento sempre un po' di nervosismo. Sarà il pensiero del viaggio, forse, comunque sono sempre un pochino agitato. Si prepara le valigie la sera prima di partire ed il giorno dopo le si carica la macchina.

Mamma mia quante cose si devono sempre portare!!! Siamo in quattro e sembra che vanno via in dodici.

Vai a prendere la piccola dalla nonna. Recupera la grande dall'asilo. Pronti. Partenza. Via. Solito giro di valzer. Solito turbinio di eventi.

Il viaggio: ecco la vera incognita. Dormiranno? Saranno sveglie? Quando arriviamo? Pianto! Siamo arrivati? Pianto! Manca ancora tanto? Pianto! Questa è la vera prova: il viaggio, sia di andata ma anche quello di ritorno. Se si supera indenni questo momento è già una buona cosa. Se dormono per tutto il viaggio sei salvo. Se si lamentano sei fregato: la testa ti esplode e la pancia ti brontola dal nervosismo. In questa piccola vacanza siamo stati fortunati, sia la grande che la piccola hanno dormito. L'anno scorso, al ritorno dal mare, la piccola ha pianto ininterrottamente per quasi due ore. Uno strazio. Uno dei cento ricordi da eliminare dalla mia mente. Sarà forse il fatto che sia io che mia moglie siamo saturi, ma quando c'è quel pianto continuo che non si vuole placare ho istantaneamente voglia di fermare la macchina, scendere, correre il più lontano possibile ed urlare come un pazzo per sfogarmi. 

Piccoli incidenti di percorso, capita.

E mentre dormono, compresa mia moglie, c'è quel momento di libertà della mente che solo il viaggio ti dà. Vedi scorrere il paesaggio, non pensi, ti godi il momento. Ogni tanto ti giri a verificare che tutto sia sotto controllo. Nessuno fiata, tutti dormono. Gli unici rumori sono le auto che sorpassi o che ti sorpassano. Allora quel momento di relax che cercavi prima di partire sta arrivando, pochi istanti, ma tutti di guadagnato.

Piccoli movimenti, qualche piccolo vagito ... il relax è terminato. Siamo quasi arrivati a destinazione. Sorridi, torniamo a fare il padre.

Proseguirò la prossima volta.

Saluti.

Simone Gavana

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venerdì 13 giugno 2014

GENITORI PARTE 1


Lo psicologo prima di analizzare il paziente deve essere analizzato a sua volta ...

Qualche giorno fa la madrina di mia figlia, di cui io sarei anche il testimone di nozze, mi ha esplicitamente richiesto di essere citata in queste quattro righe che scrivo un paio di volte al mese. Non so fino a che punto seriamente o per scherzo; devo essere sincero, per come la conosco, è piuttosto facile che sia stata seria. Ovviamente per dispetto non la nomino, ma la cosa mi ha dato spunto per questo post e fortunatamente per altri.

La prima riga è molto esplicativa dei concetti su cui vorrei concentrarmi stasera: ad un certo punto, dopo qualche articolo su vari argomenti della vita da genitore, è giunto il momento che l'analisi sia concentrata sullo scrittore, sia come genitore che come persona. Gli argomenti sono vari e molteplici, oggi mi sta particolarmente a cuore cominciare da una fonte inesauribile di risorse: l'amicizia.

Ne parlerò in un paio di modi.

Figli, scuola, lavoro, matrimonio, preoccupazioni. Tutto rende la vita molto difficoltosa, veloce, caotica, disarticolata. Quel valzer di cui parlavo in un post precedente, ci spossa, ci rende nervosi, ci fa dimenticare chi siamo, alienati ad essere i genitori perfetti che i nostri figli meritano. Fermiamoci, stop: lasciamo per un attimo tutto lì immobile. Non dico di dimenticarlo, ma di fermarlo, renderlo statico per un istante. Noi siamo prima di tutto uomini e donne, ragazzi cresciuti per forza con coraggio, persone con passioni, con un passato da non dimenticare, da non rinnegare, da valorizzare. Da valorizzare per rendere il futuro dei nostri figli significativo. Le esperienze servono. Non dico che la vecchiaia porti saggezza. Non so se mia nonna sia più saggia di me che ho quarant'anni in meno. So, però, che ha più esperienza. 

Ed in questa esperienza, fra le tante cose, una fra tutti spicca; una fra tutti deve essere conservata. E' l'amicizia. Deve essere conservata anche in casi estremi, anche se la famiglia ha il predominio sul resto. L'amicizia di persone come me, come la mia amica, rende il genitore più completo. Non ci lascia soli, permette ai nostri figli di crescere seguiti e curati. Permette a noi, genitori maldestri ed indaffarati, di trasmettere al nostro futuro valori e regole con poco sforzo. 

Lo racconta uno che ha perso un sacco di amici e che ogni giorno ringrazia ancora, chiamiamolo Dio, Fato, chissà cosa, di poter essere circondato da quelle persone con cui è cresciuto. Quelle persone che lo hanno portato a casa più di una volta di venerdì e sabato sera. Lo racconta uno che ha passato momenti in cui aveva paura dell'amicizia. 

Quindi, a questo punto, la questione di riflesso si ribalta sui nostri figli e sulle loro amicizie. 

Fidarsi o non fidarsi, questo è il problema. Ricordatevi chi eravate, cosa facevate. Ricordatevi le vostre serate. Io ho avuto i capelli viola e 3 piercing. Ad un certo punto del mio percorso mi sono laureato in ingegneria. Esattamente l'opposto della prima versione di me stesso. Mi ritengo un idiota per quello che ho fatto? Penso che non lo rifarei? Rifarei tutto. E tutto quello che ho fatto l'ho sempre fatto con coscienza. Certo la coscienza di un ragazzo di vent'anni, ma avendo alle spalle l'esperienza dei miei genitori. Sapendo a cosa andavo incontro, ai pericoli, ai rischi. Ho sperimentato, mi sono divertito. E sono diventato padre.

Il concetto è semplice: preoccuparsi è normale ed è giusto. Il mondo in cui viviamo è ingiusto, ma non è così marcio fino in fondo. La cosa che credo sia giusta da fare sia solo una: parlate coi vostri figli, educateli al mondo ed a ciò che c'è fuori. Siate sinceri con loro, con i giusti tempi e le giuste parole. Non preoccupatevi di quando e come, saranno i vostri figli a dettare i tempi. Rendeteli uomini e donne come i vostri genitori hanno fatto con voi. Permettete ai loro amici di renderli persone uniche come i nostri amici hanno fatto con noi. Metteteli in guardia da ciò che è giusto e ciò che è sbagliato. Ormai lo sappiamo.

E soprattutto permettete voi stessi di passare qualche sera senza i vostri figli, ma solo in amicizia.

Saluti.

Simone Gavana

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