sabato 8 novembre 2014

LA LUCE IN FONDO AL TUNNEL


Uno spiraglio nella follia ...

Era il 24 febbraio quando decisi di aprire il mio blog, era da un po' di tempo che l'idea mi frullava per la testa: cosa scrivere, come fare, avrà un seguito, come iniziare. Come per la maggior parte delle cose il detto "chi ben comincia è a metà dell'opera" ha sempre un senso. Ho cominciato con un post, credo, un po' forte. Le persone che hanno avuto il buon cuore di leggere il mio primo scritto hanno potuto comprendere che in me era presente un forte scoramento. Molta paura, tanta stanchezza e poca lucidità su quello che ci stava succedendo. 

Credo che avessi la forte necessità di urlare il più forte possibile. Di urlare fino allo stremo delle forze. Non avevo voce, però. Era strozzata in gola, bloccata dalla paura e dal terrore. Ero lacerato dalle lacrime e dai lamenti di mia figlia. 

Era necessario liberarmi. 

Ho voluto far subito sapere al mondo quale cruccio fosse per me e mia moglie quello che il destino ci stava riservando, ma soprattutto stava riservando a nostra figlia. Quello che stava accadendo alla mia famiglia di brutto. Oltre al presente, per me era terribile anche l'idea del futuro: che vita si sarebbe prospettata a mia figlia? E noi saremmo tornati ad avere un'esistenza più tranquilla? Davanti a me si prospettavano mesi e mesi di entrate ed uscite da ospedali, farmacie, laboratori di analisi, notti insonni, pianti.

Una crema, poi l'altra, poi quella che non va bene, poi quella che va bene. Un dottore dice una cosa, un altro l'opposto. Questo le fa male, questo bene, questo è veleno, quell'altro forse può mangiarlo ma prima dobbiamo vedere cosa le succede. E poi il cortisone, questo piccolo composto che è tanto miracoloso quanto è uno spauracchio. Non è troppo per due genitori che vogliono solo veder crescere le proprie figlie? Io e mia moglie non siamo due eroi.

Il tempo passa, esattamente nove mesi. Ne passa di acqua sotto il ponte in questo lasso di tempo. Senza accorgercene siamo diventati più sicuri, più consci di quello che ci stava accadendo. Più certi sul come comportarci, su come vivere il problema che avevamo, che abbiamo, davanti tutti i giorni. E soprattutto a non trattarlo come un problema perché altrimenti non ci avrebbe più lasciato. 

Il problema non ci ha lasciato, ma noi siamo ora più forti del problema. E come lo siamo diventati più forti? E' molto semplice: abbiamo trovato delle persone che ci hanno dato speranza, ci hanno incoraggiato, ci hanno seguito e ci hanno istruito su cosa aveva nostra figlia. E soprattutto su cosa potevamo fare per nostra figlia. Non abbiamo chiesto niente e loro invece ci hanno dato molto. 

Mi sono accorto che dalla prima volta che sono entrato in quell'ospedale sono cambiato radicalmente. La prima volta avevo quasi paura di guardarmi in giro, di avere davanti altri mamme e papà con lo stesso problema. In loro c'era tutto: il mio passato, il nostro presente ed il suo futuro. E senza accorgermene tutto è cambiato: ad uno degli ultimi controlli in ospedale sono andato senza mia moglie e mi sono reso conto di aver rincuorato e rassicurato una coppia di genitori che avevano un bimbo con il nostro stesso problema. Le persone spesso cambiano.

E poi tutto cambia ancora. Una dottoressa ti dice: "Credo e spero che non ci vedremo più, vi lascio l'impegnativa solo a necessità, se dovesse succedere qualcosa". 

Ora tocca solo a noi, ma ora abbiamo studiato da eroi. 

Saluti.

Simone Gavana

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