domenica 27 aprile 2014

SPERANZA


Presente o futuro ...

Stasera niente consigli o modi con cui trattare saggiamente coi propri figli. Solo qualche riflessione sull'argomento. 

Vi siete mai chiesti perché arrivati ad un certo punto della propria vita si desideri tanto avere dei figli? Perché ci si senta incompleti senza? Perché ci sia questa spasmodica ricerca del lieto evento in molteplici coppie sposate e non? Tra le infinite risposte che uno si può dare secondo me una delle più semplici è anche la più vera: il futuro. La speranza nel futuro.

Nei propri figli si proietta noi stessi in un futuro lontano nel quale non ci saremo più. In loro si proietta ciò che vorremo essere o che saremmo voluti essere. Si fanno idee, speranze, possibilità che magari noi non abbiamo avuto. Fare figli è necessario per la vita stessa, la nostra vita. Non sperare di averli è come non sperare di vivere. E' una proiezione di noi stessi verso qualcosa di innato, la speranza in un futuro sempre migliore. Tuttalpiù in un periodo come questo dove il presente ci riserva parecchie amarezze e ci tocca vedere nel futuro la speranza. Statisticamente si fanno più figli in periodi di recessione (come il nostro) piuttosto che in periodi di benessere (come gli anni '80); il motivo è semplice, in recessione si pensa al futuro per non pensare al presente poco felice, mentre in un periodo d'oro ci si gode il presente e non si pensa al futuro. 

Inoltre, vedendola dal punto di vista antropologico e biologico, è semplicemente la costante ricerca della salvaguardia della specie. Si cerca e si fanno figli per consentire al genere umano di proseguire nel futuro. Del resto facciamo parte del regno animale, anche se spesso ce lo dimentichiamo. Gli istinti primordiali permangono.

Io credo di essere stato tutto questo o almeno in gran parte lo rispecchio: laureato, sposato, due figlie, un buon lavoro, qualche sbandata di testa giovanile, ma niente di allarmante. Un discreto figlio per i miei genitori.

Ad un certo punto tutto falso, sbagliato. Senza senso. Non esiste il futuro.

Lo capisci quando guardi fuori dalla finestra con in braccio tua figlia, ma la finestra non è quella di casa tua. E' quella di una stanza di ospedale e vi è ricoverata tua figlia. Il tuo futuro smette di esistere, le tue idee smettono di esistere, tu smetti di esistere.

Allora ha senso il presente e ciò che fai e che sei. Non ha più valore ciò che sarai o ciò che speri. Ti metti in dubbio come persona e come genitore: ho sbagliato, è colpa mia, sto facendo il bene di mia figlia? La risposta non è da ricercare in frasi altisonanti o in strane proposizioni. La risposta è da ricercare in poche semplici parole: la amo. La risposta è data. Non vuol dire che con mio figlio non sbaglio. Vuol dire che cerco di essere il meglio per lui perché lo amo. 

Allora la risposta non stava nel futuro? E' da ricercare nel presente, in ciò che si è adesso? Oppure in ciò che non si è adesso? 

Completiamo la risposta. 

Ho bisogno dei miei figli perché qualcosa mi manca nel presente, perché non sono completo. Perché ho speranza in un presente migliore.  

Ho bisogno dei miei figli perché mi porteranno con loro nel futuro. Perché li amerò sempre. Perché ho speranza in un futuro migliore per loro.

Saluti.

Simone Gavana

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sabato 19 aprile 2014

ISTRUZIONI PER L'USO - PARTE 3


Qua incominciano le vere prove di forza...

Stasera si parla di urla, strepiti e pianti: insomma i capricci.

Il capriccio è una fase della crescita del bambino che colpisce penso tutti, indistintamente maschi e femmine, che abbiano dormito o meno, che siano viziati o no. Da lettura e da esperienza la prima fascia di età è quella che si interpone tra i 2 e 3 anni. Qui il bambino comincia ad avere consapevolezza di se stesso e del mondo che lo circonda. L'interazione con le persone più grandi diventa migliore e lui stesso vive il mondo intorno a se, sia fisicamente che mentalmente, in modo diverso. Il capriccio diventa naturalmente un modo di imporsi e di mostrarsi agli adulti.

Benché il capriccio sia una forma di comunicazione molto forte in cui il bambino dice: "Eccomi sono qua!" risulta estremamente diseducativo assecondarlo ed il consentire che venga protratto nel tempo. Sia per quanto riguarda il singolo evento che il susseguirsi di altri capricci. 

Un capriccio può nascere da qualsiasi cosa: il giocattolo non comprato, l'ora di andare a dormire, una richiesta del genitore. Ogni scusa è buona per buttarsi per terra e cominciare ad urlare e divincolarsi.

Normalmente comincia con delle richieste sempre più insistenti o continui rifiuti a qualcosa che il genitore chiede o che non da al bambino. Successivamente tende a diventare un atto quasi violento con il bimbo che urla e strilla spesso accompagnando il tutto con calci e pugni a chi gli sta vicino. Questo può andare avanti anche per 30-40 minuti.

Ho trovato un solo modo per "combattere" il capriccio. Indistintamente che esso avvenga tra le mura domestiche o, per esempio, al supermercato: ignorare la cosa. 

Le regole a riguardo sono semplici:

1 - cercate di far calmare il bimbo appena vedete che il capriccio comincia cercando di fargli capire il vostro punto di vista ed eventualmente il suo errore;
2 - nel caso non si calmi ignoratelo fino alla fine del capriccio.

Non preoccupatevi se comincia ad urlare, scalciare, imploravi o chissà cosa d'altro. Non dategli retta. Il bambino deve esaurire la sua rabbia da solo in modo che capisca che è sbagliato e che far così non lo porta a nessun risultato. Dall'altra parte, se un genitore cominciasse a seguire il bambino nel capriccio non arriverebbe a nessun risultato. Anzi peggiorerebbe solamente la situazione "educando" il piccolo a credere che tali comportamenti violenti portano a dei risultati veloci.

Niente di più sbagliato. E mi raccomando resistete anche se spesso diventa difficile soprattutto quando si torna a casa stanchi dal lavoro.

Mi è capitato spesso che la figlia grande (quella piccola non è ancora in età da capriccio) facesse delle scene terribili: a terra urlando, piangendo e scalciando. A volte persino alla mattina prima di andare all'asilo. Vi lascio immaginare la fatica per vestirla e sistemarla per uscire. Dopo alcuni tentativi falliti di sedare il capriccio, l'unica cosa veramente utile è stata ignorarla. Chiudere la porta della cucina ed aspettare che la bambina si calmasse da sola. Dopo un po' di volte i capricci si sono conclusi come sono arrivati. 

Riassunto: qui cominciano i primi scontri con i genitori. Consiglio: pazientate e non disperate passeranno. 

Saluti

Simone Gavana

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martedì 8 aprile 2014

ISTRUZIONI PER L'USO - PARTE 2


Qui vi voglio ...

Adesso cari papà (e soprattutto mamme) comincia il difficile. E si, perché noi grandi ormai siamo abituati che di giorno si è svegli e di notte si dorme. Quando si è stanchi si va a letto e ci si addormenta senza tante storie o capricci. E buona notte ...

La cosa incomprensibile è che non nasciamo così, anzi, esattamente al contrario. La maggior parte dei bambini, nei primi mesi di vita, non ha la concezione del giorno e della notte. Soprattutto, se non vado errato, il piccolo essere umano che vi si presenta davanti è nettamente più attivo nelle ore notturne. Per questo la notte ci fa disperare. 

Uno dei nostri primi compiti è insegnare al bambino che c'è differenza tra giorno e notte e, soprattutto, che la notte è fatta per dormire. Il compito non è facile e soprattutto ci vuole pazienza e la costanza di tutte e due i genitori. In genere le mamme sono comunque più brave di noi papà, come in un sacco di altri casi. Ovviamente non si può ancora spiegare al piccolo la cosa, appunto qua sta il difficile? Quindi come fare?

Nella mia esperienza di padre ho visto passare sotto i miei occhi un po' di libri sull'argomento e due figlie molto difficili a riguardo. Ho visto un po' di tata Lucia, tata Francesca ecc. ed abbiamo provato tutte le teorie a riguardo. 

Prima di tutto credo che le teorie estremiste non siano adatte. Non è mai o bianco o nero. C'è chi dice che bisogna farli piangere e chi dice che ogni volta che piangono si devono tirare su e rassicurare. Io credo che la via di mezzo sia molto spesso la migliore. Cercate di capire quando è il momento di lasciarli piangere e quando quello di consolarli. Abbiate pazienza e contate fino a 10 tutte le volte che il nervoso vi assale improvvisamente. Se anche contare fino a 10 non serve a nulla chiedete aiuto alla persona che vi sta accanto. Questo ricordatevelo, perché non siete soli, ma in due.

A parte quei pochi casi fortunati in cui il bambino già dorme 12 ore fin dal primo mese di vita, credo che le semplici regole che vi elencherò sono adattabili ad ogni situazione. Ricordatevi, però, che il bambino deve essere sano: se è malato o è infastidito non vale, la situazione è diversa.

1 - create un ambiente adatto alla nanna, poco rumore, voci soffuse, niente tv, radio ecc, buio;
2 - create abitudinarietà al momento della nanna (stesso orario, leggete un libro, dategli un gioco da portare a letto, fategli prima il bagnetto, ecc);
3 - rassicurate il bimbo prima di metterlo a letto cullandolo magari;
4 - cercate di appoggiarlo nella culla o nel lettino ancora da sveglio in modo che non si abitui ad addormentarsi nelle vostre braccia.

Mi raccomando, per la nanna della sera buio; per quella del pomeriggio un po' di luce. Deve capire che non è notte.

Facile no? Fino a qua direi di si. E' ovvio che non è necessario essere rigidi su tutti i fronti, ma ai piccoli fa bene essere abitudinari, li tranquillizza. Noterete che cambiare la abitudini li rende instabili ed irritabili. E mi raccomando, se dovete uscire a mangiare con gli amici fatelo. Potete portarvi dietro anche il piccolo. Se no sfruttate pure i nonni, che non vedono l'ora di tenerseli.

Il peggio arriva quando si svegliano ... e risvegliano ... e si risvegliano ancora ....

Qui il gioco diventa duro ed i duri cominciano a giocare. 

Ne io ne mia moglie abbiamo mai trovato una regola esatta: farli piangere o tirarli su e cullarli? Si tenta. Con la prima sopportavamo di più il pianto; con la seconda di meno anche per non svegliare la prima che adesso dorme tranquillamente. Provate a farli calmare da soli. Poi se dopo un po' non smettono tirateli su e cullateli. Cercate sempre di metterli giù da svegli sempre per lo stesso motivo di non abituarli ad addormentarsi in braccio. Si può provare con un po' di latte o con della camomilla, ovviamente con i giusti tempi.

Quando cominciano a dormire bene senza tante storie? E qua è come sapere se è nato prima l'uovo o la gallina. Ci vuole tempo ed ogni bambino è diverso dall'altro.

Riassunto: forza e coraggio è il vostro primo compito importante sia per lui/lei che per voi. Consiglio: non seguite tutto alla lettera, fidatevi dell'istinto e tentate. Soprattutto lasciate il bimbo a dormire dai nonni quando non ce la fate più, senza timore. Il giorno dopo ve lo riporteranno sano e salvo. Fidatevi, io ne so qualcosa.

Saluti.

Simone Gavana

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